L’animale è lì prima di me, è lì presso di me, lì davanti a me – che lo seguo/sono dopo di lui. E dunque, essendo prima di me, eccolo dietro di me. Mi circonda. E dal momento che è lì davanti a me, può certamente farsi guardare, ma – e forse la filosofia lo dimentica – anche lui può guardarmi.
Jacques Derrida, L’animale che dunque sono, Rusconi, 2006
Il suo nome – Gea – lo scelse Roberta, lo trovai subito perfetto, niente da dire. Appena vidi la sua foto di cucciola mi innamorai, quando arrivò a casa dopo un volo da Lamezia a Torino fu un giorno di meraviglia continua. Davanti a me, che non avevo mai avuto a che fare con “un cane”, avevo una cucciola che si metteva seduta composta, col suo pancino senza peli, e mi guardava dritto negli occhi. Elegante e saggia. Ed io non avevo parole davanti a tanta bellezza. Sia Gea che Sirius ci hanno sempre guardato, e non sappiano cosa pensassero di noi. Solo ipotesi. Durante i primi giorni da cucciola a Torino la portavo accoccolata sul mio avambraccio quando si stancava di zampettare in giro, bastava per farla addormentare.