Dopo tre anni credevo di essere arrivato al punto di riuscire a trovare le parole giuste. E invece mi sa che, se arriveranno, lo faranno durante il processo di scrittura. Seguendo un flusso, diciamo. E così a ridosso del 14 luglio (giorno in cui mi arrivò la telefonata in cui un carissimo amico mi disse che il nostro maestro non c’era più) rileggo la raccolta di poesie La lingua batte*, primo libro postumo del poeta, scrittore, saggista Marcello Walter Bruno. E durante il solito tragitto tra casa e lavoro, scrivo. E scrivo di Marcello e lo faccio usando versi. Sul mio quaderno rosso, quello dedicato. E poi su quello blu, che uso per scrivere mentre lavoro fra i tavoli, butto giù qualche riga. Trattenendo le lacrime. Perché va detto che gli anniversari stanno iniziando a farsi sentire con più forza, invecchiando. Ed anche perché la perdita di Marcello è durissima da sopportare. E non lo so dire davvero perché. Forse il motivo è perché se anni fa riuscii a dirmi „è *questo* ciò che sono“, è anche merito suo. Ed è questo che un maestro fa, farti diventare ciò che sei. Con le domande giuste al momento giusto, anche coi silenzi o con una incazzatura.
E quindi? Mi avrebbe chiesto.
E quindi dopo tre anni di lavorio sulla sua improvvisa partenza sono qua a ricordare che gli presentai Roberta forse un giorno dopo averla presentata ai miei, prendendo un caffè a casa sua a Cosenza, oppure una telefonata fra le tante, in cui – per dissuadermi dal fare domanda per un dottorato di ricerca – mi disse che gli artisti devono occuparsi dei grandi temi. E quindi non presentai nessuna domanda e mi buttai a corpo morto – dopo una drammaturgia il cui tema era l’eutanasia – in una riscrittura della Gerusalemme liberata. Addirittura. E poi in un’altra sui bambini soldato.
E negli anni le telefonate si sono susseguite, ma non ci siamo più incontrati di persona
In uno degli ultimi scambi, era maggio del 2022 stavo seguendo il ciclo di lezioni Fotogrammi, dai fotografi/registi ai registi/fotografi, e chiesi se avessi dovuto rivedere non so più che film e mi rispose con un “no, devi scrivere il tuo romanzo. Ti puoi distrarre solo il giovedì”. E così feci, sorridendo perché aveva ragione lui, ero in ritardo e dovevo finire di scrivere Risto Reich.
Tre anni dopo e nonostante tutto, aspetto il momento di poter leggere un altro suo saggio – non importa su cosa, perché lo so già che sarà illuminante – o un articolo o una poesia. Per ritrovare schegge di verità, che lui davvero riusciva a far brillare. Tutto il resto, lo conservo con cura e lo uso per leggere la realtà che ho intorno, per trovarci un senso, magari. Ogni giorno il suo insegnamento lo porto con me, a modo mio – Marcello caro – porto avanti il flusso.
Acuni giorni dopo la morte di emmevubi furono pubblicati diversi articoli per ricordare lui e il suo lavoro. Di seguito i due che a distanza di tempo trovo giusto riproporre:
Pino Nano – Uno di noi alla rai
Roberto De Gaetano – Il professore come attore
* La copertina de La lingua batte è del maestro Bruno La Vergata
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