prese di posizione

due righe sullo sciopero delle libraie e dei librai Feltrinelli

Due giorni fa c’è stato lo sciopero nazionale dei e delle dipendenti delle librerie Feltrinelli. Hanno incrociato le braccia per ottenere l’aumento di €1.50 del buono pasto. Ma dalle risposte all’intervista che Salvatore Cannavò su Jacobin Italia ha fatto a uno di loro si capisce che il problema è più ampio. In sostanza uno dei lavori più belli, quello del libraio, viene piegato per essere un venditore di merce. Della merce/libro, il resto non sembra conti molto. Mentre scrivo mi viene da pensare “chissà che non si arrivi in futuro anche a poter fare uno sciopero nel settore della ristorazione, in cui ognuno è per se. In balia di ritmi e dinamiche di potere in un ambiente che di fatto non ha tutele.” Ma ci sarebbe anche da fare un lavoro di coesione fra le persone che lavorano nel settore, intanto fra i librai delle Feltrinelli questo riconoscersi esiste. E anche questo non è poi poca cosa.

Da anni mi capita di entrare in una libreria di catene (Feltrinelli, Mondadori, Giunti) e molto raramente uscirne con un libro. E il motivo non sta certo nella quantità di libri a disposizione o nella cortesia delle persone che ci lavorano, ma perché il codice con cui sono stati composti gli scaffali non ha niente di accogliente. È una esposizione di oggetti da vendere, mentre io sono entrato lì per incontrare libri e magari una persona che abbia la possibilità di farmene incontrare uno. E questo un libraio o una libraia lo sa: perché ci vuole una certa *cura* per tenere i libri in una libreria. Non tanto efficienza e competitività. Per questo preferisco di gran lunga le librerie indipendenti. Ma questo forse è un altro discorso.

Ho lavorato come libraio in una piccola libreria di Torino anni fa, ero pagato poco, ma il lavoro mi piaceva e mi permetteva di entrare in relazione con le persone in un modo bello. Sentivo di star svolgendo un lavoro che aveva una sua importanza in quella dinamica che è la circolazione della cultura. Anche per questo motivo do la mia solidarietà di scrittore ai librai delle librerie Feltrinelli. Soprattutto in un periodo in cui si legge poco, si acquista poco, il ruolo dei e delle libraie tutt* è fondamentale. Il loro sciopero è stato quindi un atto importante, spero continui la lotta affinché le loro condizioni di lavoro migliorino, e non mi riferisco solo all’aumento di €1,50 ma anche a tutti i punti toccati nell’intervista su Jacobin. Affinché anche al loro lavoro venga riconosciuta la dignità che indubbiamente ha.

 

 

su qualche riga vergata da Scurati

Gli appunti che seguono li ho scritti di getto stamattina sul mio profilo facebook, cosa che non faccio da anni “scrivere su facebook”. Così le ho cancellate e le riscrivo qua, che è il posto giusto:
Ieri ho letto un pezzetto dell’articolo di Scurati, la parte che va da “Omero e Junger” a “destini individuali e collettivi”. Niente di più, non ho accesso al giornale. Il poco che ho letto mi ha suscitato imbarazzo e una certa nausea (la sacrosanta nausea) per l’accozzaglia di generalizzazioni tossiche contenute già solo in poche righe in cui si vuole “la nostra civiltà” fondata nel combattimento armato frontale. La meraviglia di vedere tutta questa voglia e ansia di pugna eroica in maschi panzoni ultracinquantenni a cui manca – manca del tutto – di vedere che nell’Iliade – visto che si tira in ballo Omero – sono tutti descritti come poveri idioti ridotti a cose. La tanto amata “forza” riduce tutti a cose che si spezzano, squarciano, frantumano e finiscono nella polvere. Fine: non c’è nessuna gloria, nessuna bellezza, niente. E ancora tirano in ballo “pensatori” nazionalisti e militaristi per giustificare cosa? la voglia di che? Di guerra? Ma che s’ammazzassero fra loro e bona lè, come canta bob dylan si stara a seguire le bare giusto per assicurarci che siano morti per bene e finiscano sottoterra.
Consiglio la lettura o rilettura delle opere di Margaret Atwood, Barbara Hamby, Hilda Doolitle, Judith Kazantzis, Louise Glück, Simone Weil per ridimensionare e disinnescare queste tirate tossiche e guerrafondaie.
Chiudevo così il post e nel frattempo Luca Casarotti ha avuto il tempo e il modo di analizzare e disinnescare in questo articolo – pubblicato su Jacobin italia – le parole di Scurati.
foto quaderni Diario di zona

Una riflessione sulla chiusura di Quinto Tipo e sui dieci anni di Diario di zona

Due lustri però mi suona meglio. Un bel periodo di tempo, due lustri, in cui spazio se n’è percorso. Da Torino a Vienna, poco più di mille chilometri, una vita fa. Due città, due libri (ci arrivo), due lustri. Un pezzo di vita e due storie che hanno a che fare con questo spazio-tempo andato.

Il Diario di zona fu coraggiosamente pubblicato il 18 novembre 2014 da Alegre come primo volume della collana Quinto Tipo. Quale fosse l’intento della collana lo spiegò a suo tempo, in più modi e occasioni, Wu Ming 1. Da ieri si può leggere su Giap il bilancio insieme, ad un requiem e a un’autocritica su quella esperienza editoriale. Lo scrivo subito: nei confronti di Wu Ming 1 ho un debito di gratitudine, per aver dato a Diario di zona la possibilità d’esser pubblicato e letto, a me quella di esordire in una collana d’avanguardia. Ed è tantissimo, per una persona che muoveva i primi sgangherati passi nel meraviglioso mondo dell’editoria.

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Su un lupo in particolare

Nel capitolo V della Parte quarta del Tomo secondo dell’edizione Mondadori di Guerra e Pace, il conte Tolstoj ci racconta della battuta di caccia al lupo voluta da uno dei protagonisti del romanzo, il giovane conte Rostòv. Ai margini di una raduna, Nikolàj Rostòv segue i rumori della caccia e prega Dio che il lupo sbuchi davanti a lui così da poterlo catturare e godere di un po‘ di gloria. Tolstoj ci descrive l’attesa, l’atteggiamento di Rostòv e dei suoi cani e della totale mancanza di connessione con ciò che sta accadendo, nonostante siano lì per cacciare il lupo: quando „l’animale“ si presenta davanti al cacciatore e ai cani nessuno di loro è pronto all’incontro e il lupo – dopo aver guardato cani e cacciatore – riesce a passare oltre elegantemente senza problemi. Viene poi inseguito, braccato da cacciatori e cani a cui il lupo sfugge più volte, fin quando, sfinito, viene circondato e intrappolato. Soprattutto per merito di un cacciatore professionista, Danìla, che a un certo punto si lancia addirittura nel groviglio di zampe, fauci, pellicce e latrati e ingaggia un corpo a corpo col lupo. L‘animale umano, forte del suo essere in maggioranza, ha ragione del lupo: una macchina da guerra collettiva fatta di una concatenazione di umani/cavalli/cani e armi vince su un solo lupo. Uno solo.

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Libri per un’estate grigia…

… di un anno non meno grigio, nonché infuocato. Mentre continua la gara di rutti da parte di alcuni politici intorno a ciò che è accaduto pochi giorni fa in Francia, grazie ad una atleta algerina; mentre assessori cresciuti mangiando a piene mani la cioccolata fumante dai calderoni delle ville di Salò invocano la “soluzione Mengele”, sempre in relazione all’algerina che mena l’italiana facendo scorrere patrie lacrime; mentre – dunque – la mediocrità impera, a differenza degli scorsi anni e con l’augurio che sia solo a causa dell’ennesimo stato di eccezione, mi permetto di dare un paio di consigli di lettura per l’agosto appena iniziato. Mese in cui – è agosto, benedizione! – se ci sarà qualche nefandezza da approvare d’urgenza in parlamento lo si farà e il peggio sarà fatto. Nel giorno in cui ricorre l’attentato fascista alla stazione di Bologna e gli eredi di tutta quella bella gente vestita da buffoni mandano in giro la foto della strage con firma autenticata in calce a suddetta foto, come fosse una rivendicazione, del tutto non richiesta, ma necessaria, scrivo una piccola lista di libri – alcuni freschi di stampa altri meno – da recuperare e leggere „sotto l’ombrellone“, fra un tuffo e un gelato, per ricaricarsi e sgombrare i neuroni da un po‘ di minchiate:

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Appunti su La morte, la fanciulla e l’orco rosso di Nicoletta Bourbaki

 

“Credere che parlando di storia non stiamo facendo narrazione è tanto sbagliato quanto pensare che facendo narrazione non stiamo parlando di storia.” Joan Fontcuberta

Il cosiddetto “Caso Ghersi”, storiaccia in cui i partigiani sono stati raccontati come assassini e stupratori viene affrontato, analizzato e risolto ne La morte, la fanciulla e l’orco rosso, primo libro scritto dal collettivo di ricerca storica Nicoletta Bourbaki. Non si poteva sperare esordio migliore. Quasi trecento pagine che scorrono via mentre i neuroni vengono risvegliati e rimessi in moto. Trecento pagine di racconto, analisi, riscontri di dati e documenti d’archivio sapientemente miscelati e composti per smontare una storia rivoltante e antipartigiana. Pagine che sono un condensato di magia letteraria in cui ritroviamo rigorosa ricerca storia, analisi narratologica e racconto. Un piccolo prodigio.

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L’eterno presente: Gli ultimi giorni dell’umanità.

 

“La pallottola è entrata all’umanità da un orecchio ed è uscito dall’altro. Via da questo orrore ridente! […] dall’interminabile gaudio di questa pozza di sangue”*

Ancora un giorno di bombardamenti, video sui social media e la diplomazia che arranca. Oggi 2.03 dovrebbero incontrarsi le delegazioni ucraina e russa per trovare un punto di incontro. Forse in Bielorussia, forse in Polonia. Solo i carri armati vanno avanti. Raggiungono le frontiere. I governi si armano, le piazze manifestano contro la guerra, ma da una parte sola.

Continua la guerra, continua lo sventolio di bandiere, i parteggiamenti, il tifo.

Un giorno a una manifestazione ci sono andato anch’io, anche noi, una manifestazione contro ‘la guerra di Putin’ e ci stavamo a disagio. Perché noi siamo contro la guerra, in blocco. Perché le bandiere, i nazionalisti, i confini ammazzano.

La manifestazione è stata il 26.02 in Platz Der Menschenrechte, a Vienna. Prima di andare ho cercato in rete informazioni sulle associazioni che l’hanno organizzata (Unlimited Democracy e Vienna goes Europe) e già dai nomi ero restio ad andare. Le parole Democrazia e Guerra, purtroppo, risuonano troppo spesso insieme. Sono “senza limiti”, davvero.

Alla fine, ci siamo andati in piazza. Anche solo per sentire che aria tira a Vienna.

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Beyond #Brexit

[Come molt* ho amici, parenti e conoscenti che non vivono più in Italia. Anch’io d’altronde vivo ormai da anni in Austria. Facciamo parte di quella massa di persone che per motivi diversi si sono spostati, volenti o nolenti, dal paese in cui sono nati. Siamo migranti, come Danny Nedelko.

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These Days, tra Dora Bruder e The Handmaid’s Tale

In questi giorni sto leggendo Dora Bruder di Patrick Modiano, libro di una forza spaventosa. Forza non solo della memoria ma della narrazione. In questo libro Modiano riporta i nomi di funzionari di polizia, di magistrati e guardie di vari livelli e gradi (quelli che è riuscito a scovare) che furono collaborazionisti dei nazisti durante l’occupazione della Francia. Bontà (e vergogna) loro.

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