Nel nome di Ishmael di G. Genna
Ho letto Nel nome di Ishmael prevalentemente di notte, per circa una settimana o poco più, l’ho finito stasera (28 agosto ’10). Qualcosa mi ha imposto il rito della lettura notturna, mi piace lavorare di notte, scrivere, di solito invece leggo ovunque posso, quando posso. Questa volta è stato diverso. E’ stata una lotta, me ne rendo conto ora che mi vengono in mente alcuni passaggi del libro che entrano in risonanza con Dies Irae;
Fondamentalmente una lotta con la materia narrata, una lotta fisicamente spossante a fianco dei personaggi. Ogni capitolo un round più o meno duro, uno scambio di colpi serrato in cui se non si dosano le forze si resta senza fiato con la guardia abbassata, in balia dell’avversario, e il tappeto si avvicina. Per me è stato un po’ così. E chi è l’avversario?
E’ la Storia ufficiale, monolitica e opaca che torna su come un conato di vomito, insieme alla sensazione che davvero sia andato tutto in modo diverso da come lo raccontarono allora, e quindi anche ora le cose non vanno per come le scrivono sui giornali e poi le scriveranno sui libri di Storia. E perciò leggendo, lottando, nascono connessioni fra storie inventate, giocando su eventi e persone reali, e le parti sfrangiate dei tassellli degli eventi tramandati e vedi che il mosaico alla fine è diverso da quello che si trova fra le pagine della Storia ufficiale. E se si ha coscienza e attenzione, il gioco diventa divertente anche se i cazzotti arrivano giù pesanti, come durante una sessione si allenamento con un maestro esigente e navigato. E Genna ha una scrittura densa, con squarci improvvisi da cui emergono affetti che solo la poesia può gestire, una scrittura agile ma dai colpi duri da medio massimo della scrittura.
(Questo articolo l’ho pubblicato sulla mia libreria di anobii ad agosto lo ripropongo qui per comodità di archiviazione)