La barba invecchia
libera folta omogenea
spunta spinge cresce
disegna continenti dai colori cangianti
il nero nel grigio si tramuta nel bianco
continenti in contatto, nessuna frontiera
sulla faccia ho una mappa
paesi interi
etnie, lingue culture
la barba fa del mio volto
un mondo antico.
Un mese fa circa ho buttato giù qualche appunto su Le antiche vie di Robert Macfarlane, il testo è stato pubblicato sul sito Alpinismo Molotov. Lo ripubblico quassù così da tenere insieme un po’ di tracce. Buona lettura.
C’è chi vuole il ponte sullo stretto di Messina,
c’è chi spara in una chiesa
c’è chi va in piazza per la famiglia tradizionale
Ciò che segue è un omaggio all’attore Leo Modonnét – e alla maschera di Scaramouche – le cui gesta sono narrate ne L’Armata dei sonnambuli. Ogni somiglianza a fatti e/o persone è da ritenersi casuale, per quanto la situazione teatrale italiana renda verosimile e plausibile ciò che è qui narrato. Buona lettura.
Ci sono testi che per essere compresi necessitano di diverse letture, almeno per me è così. A volte devo leggerli a voce alta per afferrarne il senso.
Ci sono però anche testi che restano sordi a molteplici letture. Testi di latta.
Per lo più sono testi che pretendono di “comunicare” e – magari – di farlo anche senza nessuna implicazione ideologica. Si presentano come testi “tecnici”, neutri.
Sono i più buffi e – spesso – i più pericolosi.
Si va avanti,
a piccoli passi nella neve.
Il teatro è un deserto bianco,
qui si è soli.
Il nostro viaggio d’inverno continua.
Lacrime ghiacciate, ci cadono di dosso.
Con passo calmo e deciso il Diario di zona continua il suo cammino. Di seguito un po’ di tracce:
Pochi giorni fa è stata pubblicata una bella recensione su Doppiozero scritta da Enrico Manera, il titolo è Dai tombini di Torino.
Su Giap è apparsa una recensione del Diario di zona che trovate a questo link e un commento ai primi due UNO della collana Quinto Tipo.
Calendario delle prossime presentazioni:
Passi.
Passi verso cosa?
Soffia un vento gelido
fra le colline
soffia e rimbalza sulle rocce…
Ci sono spettacoli che riescono a instillare un congegno a tempo nell’immaginazione degli spettatori e, a distanza di giorni, quel senso “ottuso” (come lo definì Roland Barthes) che è li nascosto, a volte anche all’insaputa dell’autore, esplode all’improvviso.