La farmacia è praticamente vuota, c’è solo un cliente e nel momento stesso in cui le porte a vetri si aprono per lasciarmi passare la farmacista – che fino a un momento fa stava appoggiata alla scaffalatura – si avvicina alla seconda postazione libera accogliendomi con un sorriso.
Do la mia ricetta e lei comincia a fare la ricerca sul terminale. Al cliente che è lì prima di me chiedono la tessera sanitaria.
– Niente tessera, niente, facciamo che siamo evasori. Tutti rubano, rubo anch’io.
E questo che c’entra?, penso, e la farmacista sempre sorridente mi dice che ciò di cui ho bisogno “non è in casa”, però lo possono far arrivare domani mattina.
Sto per rispondere che ne ho bisogno subito e quindi grazie ma preferisco cercarlo da un’altra parte.
E mentre lei mi dice
– Allora le consiglio di continuare la sua ricerca…
l’altro cliente intasca la sua ricetta, il resto e il suo farmaco e si incammina verso la porta a vetri dicendo
– Se questa mi chiede soldi le spacco la faccia.
Oltre la porta c’è una donna, una signora, una rom o sinti non so, non importa, è una donna che appena si aprono le porte dice
– Buonasera signore
tendendo la mano.
E il signore la manda sonoramente affanculo. Con una voce un po’ così, un po’ baritonale, un po’ da maschio Alfa, un po’ territoriale.
Intasco la mia ricetta ed esco dalla farmacia. La signora ha fatto qualche passo in direzione del tipo e lo guarda indignata. Incazzata. Dice qualcosa ma non capisco cosa, sto per attraversare ma poi decido di restare dallo stesso lato della strada. Cammino contromano oltre le auto parcheggiate alla mia sinistra così da avere sott’occhio i due. Mi incammino nella stessa direzione presa dal tipo che continua a urlare qualcosa. Qualcosa del tipo “zingara di merda vattene via… via!”, ma la signora mica va via e non sta zitta. Il kebabbaro che sta fumando una sigaretta sul marciapiede si porta il dito indice perpendicolare alle labbra guardandola e vedo il tipo fare un movimento goffo ma chiaro, quel movimento con cui si simula un’aggressione, accompagnato da un “guarda che ti spacco la faccia” e poi la mia voce mi sorprende e dice
– La faccia finita, la faccia finita e se ne vada.
– E lei che vuole?
– Vada a casa, la lasci stare e dia l’esempio.
– Io l’esempio?
– Eh sì, è un uomo o no? Lasci stare la signora.
– Dia l’esempio lei!
– Lo sto facendo, sto parlando con lei.
– Se la porti a casa sua allora, lei che difende gli zingari.
– La lasci stare e se ne vada.
E qui mi risponde dicendo qualcosa che non ricordo, qualcosa che è un insulto o forse avrebbe voluto esserlo. Qualcosa che ha tutte le sfumature e il rumore dei rutti dei leghisti sfondati dal dio Po.
Non ricordo di preciso cosa, è successo qualche ora fa. Ricordo però che ho risposto con
– Vada a casa, buon natale e vaffanculo.
Così attraverso la strada, una signora regge le sue buste con la spesa, mi guarda, ricambio lo sguardo e mi sorride.
Immagina, ora, un buon natale.

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