Prima la cosa importante: oggi alle 18:30 presso la sala DAM – zona Polifunzionale – dell’Università della Calabria ci sarà la lettura teatrale di Risto Reich a cura di e con Manolo Muoio. L’evento, gratuito, è organizzato dall’istituto di studi storici di Cosenza con l’associazione Entropia.
Manolo è un carissimo amico, un bravissimo attore, è una delle belle persone con cui iniziai il mio percorso teatrale all’interno della compagnia RossoSimona anni fa e – e questa è una bella coincidenza, visto che non credo alle coincidenze – quel percorso iniziò proprio nella stessa sala in cui ci sarà la lettura stasera. All’epoca faceva parte del centro sociale occupato autogestito Filo Rosso. Da quel primo giorno in sala prove a oggi sono trascorsi più di vent’anni ed è per me un bel ritorno.
Poi, il resto:
L’ultimo viaggio in Italia per Risto Reich l’ho fatto tutto in treno, e quella di viaggiare su rotaie è una scelta che mi convince sempre di più. Sia per mettere una piccolissima controtendenza con l’evitare i viaggi in aereo, per questioni squisitamente ambientali, sia per godermi un viaggio che in sé è fatto di spostamenti, percezione del tempo, incontri, attraversamenti di spazi diversi. Non tanto un partire da un punto per arrivare ad un altro, quindi, ma attraversare tempi e territori, superare confini, incontrare persone.
Il viaggio d’andata l’ho fatto in una cuccetta, sono riuscito anche a dormire un po’ e ad arrivare a Milano relativamente fresco per piombare nel non luogo che si apre fuori dalla stazione Garibaldi. Volendo raggiungere a piedi l’appartamento che una coppia di amici mi ha messo a disposizione, ho attraversato lo spazio alieno fra costruzioni nuovissime altissime costosissime della nuova Milano grazie all’aiuto di una signora con cui, in compagnia del suo cane, ho avuto questo colloquio:
– Ci sono un sacco di persone strane ultimamente in città.
– Mi sa che allora le risulterò strano anch’io.
– Se lei pensa di esserlo allora magari lo è, da dove arriva?
– Da Vienna.
– Manca da tanto da Milano?
– Da qualche mese, sono qua per lavoro.
– Io ci vivo, guardi cos’hanno costruito, dalla mia finestra non vedo più niente, ma io non mi arrendo. Anche se ci sono soldi sporchi dietro queste vetrate, sa?
– Dove deve andare?
– Nella zona di piazzale Loreto.
– Allora deve prendere il pullman.
– Preferisco andare a piedi.
– Ma è matto?
– Mi piace attraversare la città.
– Allora la accompagno per un pezzo. Sa, da pochi giorni si è trasferita nel mio palazzo una signora molto elegante, mai vista prima, stamattina è uscita di casa e si è incontrata con tre signori. Certe facce! Sicuramente calabresi. Ah ma io non mi arrendo eh…
La stessa sera sono stato ospite della Casa della Cultura di via Borgogna, con Valentina Baronti – autrice del libro La fabbrica dei sogni (Alegre, 2023) per il seminario Testimonianze di vite sfruttate fra nuovi sfruttamenti e nuove solidarietà del 5 dicembre. La registrazione della serata è disponibile a questo link; l’intero ciclo – con le registrazioni dei quattro appuntamenti – si trova a quest’altro link. Oltre all’incontro con Valentina Baronti, Ferruccio Capelli, Luigi Carosso e Paolo Giovannetti, ho avuto la possibilità di parlare con i poeti Garancini e Sardella ed è stato molto molto bello.
Il giorno successivo, 6 dicembre, ero a Reggio Emilia, accolto dalla banda del collettivo Sciame. La presentazione presso la trattoria Al popol giost è stata molto partecipata ed è stata fatta una lettura molto intensa di alcuni brani del libro. Ho incontrato belle persone: Sara, Serena, Stefano, Alessandro e Roberto – preparate e interessanti, che portano avanti – come altre in Italia – un lavoro prezioso. Non ho la registrazione della serata, ma appena possibile la caricherò sul sito. E poi Italo, che mi ha raccontato della sua vita in fabbrica prima e da trasportatore di pianoforti oggi, un omone che congedandosi mi ha salutato abbracciandomi forte. Una cosa che mi ha spiazzato, dopo gli anni passati qua a Vienna e il periodo covid, che mi hanno forse rassegnato a una certa freddezza. Prima della presentazione sono riuscito anche a visitare la mostra fotografica “Lezione di fotografia” di Luigi Ghirri.
Poi Roma, il 7 e l’8 alla problematica fiera dell’editoria Più libri Più Liberi. Della presenza dello stand dei nazi si è parlato a lungo, così come della sacrosanta scelta da parte di Zerocalcare, ad esempio, di non partecipare. La mia partecipazione, come quella di tant* altr*, si inserisce per me invece nella cornice “se non si va in 1000 è un conto, è un segnale forte, se non vado io si resta nella dimensione tutta romanesca del ‘chittesencula?’” e perciò molto meno efficace.
Domenica 7 ho seguito la presentazione del libro Predatori – sesso e violenza nelle mafie, di Celeste Costantino, edito da Fandango. Una presentazione intensa per un gran libro, con un enorme lavoro di ricerca, elaborazione e scrittura. È un libro durissimo in diversi passaggi e, anche per questo, da leggere per cambiare sguardo, riconoscere qual è l’ambiente in cui siamo immersi e decidere da che parte stare. L’ho letto quasi per intero durante il viaggio di ritorno a Vienna e il paesaggio che scorreva oltre il finestrino mi aiutava a passare attraverso alcune storie – tremende – che Celeste ha in modo delicato e sapiente raccolto nel libro. Storie in cui è evidente il processo tramite il quale si ha la riduzione dell’altro a oggetto, di violenza sessuale “che non ha niente a che fare con il sesso. È un atto di potere e di umiliazione nei confronti della donna. È stupro.”, così la giudice Paola Di Nicola. Un altro appunto che ho preso durante la presentazione è che è l’omertà uno dei tratti comuni fra i delitti di mafia e quelli commessi nei confronti delle donne. Non ricordo chi ha espresso questo concetto, ma mi ha colpito.
Lunedì 8, dopo la presentazione di Risto Reich – con Gea Scancarello, Filippo La Porta e Giulio Calella – mangiando un pessimo panino al bar posizionato all’ingresso della fiera, mentre guardavo la vetrata immensa, mi chiedevo perché non coniugare la protesta verso l’editore nazista con una richiesta di trasparenza verso l’azienda – o le aziende, non so – che hanno aperto e gestito i bar e i punti ristoro, così da conoscere con che contratti sono state assunte le ragazze e i ragazzi al lavoro dietro i banconi. Allo stesso modo chiedere con che tipo di contratti l’azienda che si è occupata della “sicurezza” ha assunto le persone che pattugliavano i corridoi.
Piccolo aneddoto, a cui ho assistito mentre mangiavo il suddetto “panino”: ero ancora dentro la grande sala sotto la scala mobile e mi avviavo verso l’uscita. Davanti alla vetrata vedo un movimento strano: un ragazzo circondato da due della “sicurezza”. Supero la porta e sento il ragazzo dire ad alta voce “non mi devi toccare”, un signore della “sicurezza” sferra un gancio per prendere il telefono al ragazzo, ma vuoi la posizione dei corpi, vuoi che quello della sicurezza oltre ad essere pelato è pure tarchiato, il gancio va a vuoto e forse – forse – l’espressione di rabbia mal repressa da parte del portatore di “sicurezza” lo si può addurre alla mancata presa – penso io – ma un ragazzo accanto a me dice in romanesco che “quello dev’essere uno che sta fisso alla stand da ‘a casa ner bosco”. Lo guardo e ingenuamente chiedo “lo hai visto lì?” e lui candido “no, ma mi sa che fascio è fascio”. Il portatore di “sicurezza” nel frattempo zompetta intorno al ragazzo dicendo “nun me devi fotografà”, il ragazzo dice “mi sto tutelando” e noi che facciamo da pubblico diciamo al corto, ognuno un po’ come gli viene, di darsi una calmata perché non è successo niente e un altro portatore di “sicurezza” ci dice che noi signori non ci dobbiamo preoccupare che ci pensano loro. E noi facciamo notare che ci stiamo preoccupando *proprio* perché se ne stanno occupando fin troppo di questo ragazzo (che alla fine non si sa che avrà provato a fare… a entrare senza biglietto? mistero), che, non so se saggiamente o meno, si sta avviando verso la cima della scalinata che porta fin su alla strada che scorre davanti alla Nuvola, sempre tallonato dal portatore di “sicurezza” tarchiato. Nel frattempo l’altro portatore di “sicurezza” resta al di qua della catena che delimita gli ingressi alla nuvola e viene raggiunto da un altro esimio portatore munito di walkie talkie e sento un tango 2 che dice al tango 1 “sta a ‘arrivà a polizzia” e io chiamo i due portatori di “sicurezza” e dico che comunque quello che stanno facendo non è lavoro, ma fascismo. Mi sorprendo pure un po’ a dire questa cosa, perché non è che sia una mossa furba da fare mentre sto ancora mangiando da solo un “panino” demmerda e tra neanche mezz’ora devo essere nello stand della Rai per il premio libro dell’anno di Fahrenheit. E mentre mi preparo alla discussione, vengo freddato dai due portatori di “sicurezza” che mi danno le spalle. Vedo così il tricolore stampato o cucito – non ricordo – sulla loro giacca e ripeto che questo non è lavoro ma fascismo. Poi mandandoli mentalmente affanculo mi avvio verso l’interno della Nuvola per raggiungere lo spazio Rai. E mentre sto sulla scala mobile a fotografare la vetrata altissima mi dico che forse – ma forse – uno dei problemi è che la “sicurezza” di un evento del genere sia affidato a persone abituate a portarsi dietro un’arma, che così affidabili non mi sono sembrate per nulla. Un po’ come se la sicurezza di un concerto rock venisse affidato agli Hells Angels, o i controlli in una filiale di un’azienda di impacchettamento e spedizione di portata globale venissero affidati a una gang di motociclisti nazisti… Oops!… dice il manager di turno, I did it Again.
Lungo la scala mobile verso il secondo piano, dentro la nuvola, scatto un paio di foto. Poi prendo posto nello spazio RAI in attesa che arrivi il turno della presentazione del terzetto in cui è stato inserito Risto Reich. Appena ho messo piede dietro le quinte dello stand sono stato accolto da un coro di sollievo: non erano riusciti a rintracciarmi e dal loro punto di vista un autore stava saltando la diretta. Ho firmato al volo un paio di fogli e poi siamo saliti sul palco con Florinda Fiamma a fare da moderatrice e presentatrice dei tre libri raccolti sotto il tema “Casa da incubo”. E in effetti un ristorante è quel luogo in cui cameriere e camerieri trascorrono una enorme quantità di tempo e che devono curare come se fosse casa loro, ma in ogni istante viene ricordato loro che sono ospiti: possono essere mandati via in ogni momento. Sono stranieri in casa propria, in un certo senso. La registrazione della puntata di Fahrenheit di Rai Radio 3, interamente dedicata al premio “Libro dell’anno”, si può riascoltare a questo link. Alla fine Risto Reich si è posizionato, con 25 punti, al secondo posto. Ovvio, ne sono molto contento e credo che sia un segnale importante che un libro come Risto Reich sia arrivato al secondo posto di un premio prestigioso come è quello di Fahrenheit.
Durante la trasmissione ho avuto anche l’occasione di conoscere Peppe Voltarelli, quindi al netto della rottura di coglioni dei fascisti la mia esperienza a Più Libri Più Liberi è stata positiva.
Tornato a Vienna ho avuto giusto il tempo di riposare e poi sono tornato a lavorare fra i tavoli. Per gennaio sono previste un altro paio di presentazioni, più in là pubblicherò le date


Lascia un commento