Un altro ritornello. Ovvero un post scriptum a Ristorazione, catene di comando e ritornelli

Dopo poco più di ventiquattr’ore dalla pubblicazione di Ristorazione, catene di comando e ritornelli ricevo da mio fratello lo screenshot di un post di Facebook e un link a un articolo di Repubblica. Leggo il contenuto dell’immagine e poi l’articolo e nel frattempo dico fra me che gli chef hanno – diciamo così – spesso la capacità di divertirmi. In particolar modo – come scrivo in risposta a mio fratello – quando “sbroccano e si rivelano per ciò che realmente sono”. La notizia è di poche ore fa: lo chef Paolo Cappuccio sul suo profilo personale ha postato un annuncio di lavoro per una brigata di cucina composta da chef, tre capopartita e un pasticcere. E fin qui niente di speciale. Il delirio di frasi, buttate giù dopo i saluti, un po’ meno. il post di Cappuccio continua con:

Evitate di farmi perdere tempo. Sono esclusi comunisti/fancazzisti. Master Chef del cazzo e affini. Persone con problemi problematiche di acol droghe e dí orientamento sessuale. Quindi se eventualmente resta qualche soggetto più o meno normale ….. Persone referenziate se rimangono ben volentieri. Evitate di commentare cazzate sarete automaticamente bruciate

 

Errori e refusi son tutti dello chef stellato. Il post è stato rimosso dopo poco tempo e non è disponibile ma – appunto – gli screenshot circolano in rete e purtroppo fra pochi giorni verrà dimenticato. Come dice giustamente Cappuccio “il mondo è in guerra” e ci sarebbe davvero altro a cui dover pensare. Ma il punto per me è che se il mondo è in guerra lo è grazie a personcine che la pensano più o meno come Cappuccio, come ad esempio l’altro “cuoco” e “imprenditore” Evgenij Prigozin, il “cuoco di Putin” come veniva chiamato. E noi stiamo qua a commentare le uscite fascistoidi dell’ennesimo maschio in posizione di comando che – alla fine – vuole solo essere ubbidito. E lo stress d’avere a che fare con “persone che si mettono in malattia, che non svolgono le loro mansioni” – che disertano, mi viene da aggiungere, è così alto che lo ha portato a scrivere un post così infelice.

Ultimo tocco d’alta cucina, lo chef, intervistato dai giornali, si è lamentato del fatto d’essere stato ricoperto di insulti e di augurii di finire “a testa in giù” perché ritenuto da alcuni commentatori un fascista. Il resto della lagna dello chef stellato la si trova anche in un articolo del Fatto quotidiano.

Nell’articolo di Repubblica viene riportato un altro post in cui il Cappuccio stellato ammette che “non cambierà mai”. E mi voglio fermare su questa frase perché è una piccola conferma. E può essere anche un piccolo sollievo, perché spazza via un po’ di retorica da “fine dining” e aiuta a sapere come stanno le cose. Perché così come in molti nell’ambiente amano dire che “la ristorazione è così” – e cioè che è un sistema di sfruttamento con impostazione militare, gerarchica e maschilista – allo stesso modo la maggior parte degli chef portano in sé gli stessi valori e punti fermi che Paolo Cappuccio ha avuto la gentilezza di scrivere nel post dell’annuncio di lavoro.

E l’altro ritornello a cui alludo nel titolo di questo articolo è che “non cambieranno mai”, lo dicono loro.

Le riflessioni su Ristorazione, catene di comando e ritornelli lo trovate qui

Colonna sonora, sempre dei Faith No More – Midlife Crisis

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