Gea, una biografia
L’animale è lì prima di me, è lì presso di me, lì davanti a me – che lo seguo/sono dopo di lui. E dunque, essendo prima di me, eccolo dietro di me. Mi circonda. E dal momento che è lì davanti a me, può certamente farsi guardare, ma – e forse la filosofia lo dimentica – anche lui può guardarmi.
Jacques Derrida, L’animale che dunque sono, Rusconi, 2006
Il suo nome – Gea – lo scelse Roberta, lo trovai subito perfetto, niente da dire. Appena vidi la sua foto di cucciola mi innamorai, quando arrivò a casa dopo un volo da Lamezia a Torino fu un giorno di meraviglia continua. Davanti a me, che non avevo mai avuto a che fare con “un cane”, avevo una cucciola che si metteva seduta composta, col suo pancino senza peli, e mi guardava dritto negli occhi. Elegante e saggia. Ed io non avevo parole davanti a tanta bellezza. Sia Gea che Sirius ci hanno sempre guardato, e non sappiano cosa pensassero di noi. Solo ipotesi. Durante i primi giorni da cucciola a Torino la portavo accoccolata sul mio avambraccio quando si stancava di zampettare in giro, bastava per farla addormentare.
Per molti passaggi la sua biografia e quella di suo fratello Sirius coincidono, ma la differenza fra i due è marcata dal carattere. Entrambi nati nella primavera del 2011 in Calabria nelle campagne intorno a Siderno, hanno vissuto a Torino e dalla fine del 2015 a Vienna. Sul passaporto di Gea c‘è scritto razza meticcia, colore marrone/bianco. Per noi invece il suo colore è stato il rosso. Pesava intorno ai quindici chilogrammi, è vissuta per quasi quattordici anni. Il colore dei suoi occhi era nocciola con scaglie dorate, aveva un bellissimo contorno occhi rosa, il suo profumo è stato di biscotto. A differenza di Sirius, ha sempre profumato di biscotto.
Di Torino amava i portici, quelli vicino casa in via Po soprattutto, i giardini Cavour e i giardini reali, dove ogni siepe era sinonimo di avventura. Agguati, imboscate, lotte, fughe e ritorni sono stati i giochi preferiti dei due. Gea spesso guidava gli inseguimenti, era velocissima. Amava anche il parco del Valentino, così come il parco sul Po lungo Corso Casale, anche se il lungo fiume aveva l’imperdonabile difetto di essere senza portici. Durante i temporali soffriva tantissimo il fatto di inzupparsi d’acqua. Ha sempre considerato la mancanza di portici in caso di pioggia come un’offesa personale, qua a Vienna, poi, non sono comuni neppure i balconi sotto cui potersi riparare provvisoriamente. Che mancanza di civiltà, diceva col suo sguardo. Ha bagnato le zampe nel mare Tirreno e nelle acque del Danubio, dal Po si è tenuta sempre lontana e dello Jonio non so, lo avrà visto da lontano, spero. Di sicuro ne ha udito il suono quando era ancora nel rifugio, insieme ai suoi genitori Atena e Marvin. D’altra parte, ha sempre amato il sole, stava a lungo sdraiata a dormire al sole e poi ha amato tanto la neve. Lei e Sirius hanno giocato per ore al parco a rincorre i fiocchi ed è stato un peccato che quest’anno a dicembre la neve non si sia vista per niente a Vienna. Credo l’avrebbe fatta felice.
Di Gea so che amava le coccole, senza essere sdolcinata. Aveva una sua dignità senza risultare algida. Ha sempre distinto cani e canette con cui giocare da altri che ignorava o a cui abbaiava per tenerli lontani. Ad esempio, ha sempre tenuto lontana una nostra padrona di casa a Torino, così come le persone in divisa. Ha amato rincorrere gatti e scoiattoli, sia a Torino che a Vienna. Mi ha sempre ascoltato leggere poesie, ma a differenza di Sirius non ha mai voluto restare nella stanza con me quando ho suonato il basso. Sirius si è sempre addormentato, lei è sempre andata via. Credo preferisse il pianoforte suonato da Roberta, di sicuro aveva anche un buon orecchio. Le piaceva intrufolarsi nella nostra camera da letto, quando non eravamo in casa, e sul letto addormentarsi, per poi saltare giù appena ci sentiva rientrare e venirci incontro inscenando una danza tutta sua fatta di scodinzolamenti e strusciamenti di scuse poco convinte. Le piaceva anche stare accoccolata sul divano, ma solo se uno di noi era già lì seduto. Negli ultimi anni preferiva di più stare accanto a Roberta, soprattutto quando lavorava ai ferri, le si accucciava accanto appoggiando la testa su una sua gamba.
Ha partecipato, insieme a Sirius, a centinaia di incontri buddisti, recitazioni, studi, incontri di lavoro, aperitivi, prove a tavolino, letture pubbliche. Ha partecipato – insieme a Niki e Sirius – al progetto teatrale Winterreise basato sul testo omonimo di Elfriede Jelinek, comparendo in alcuni video e partecipando alle prove per la messa in scena. È stata protagonista di diversi servizi fotografici. Insieme a Sirius ha partecipato alla stesura dei romanzi Diario di zona e Risto-Reich, accompagnandomi lungo le strade di Torino prima e di Vienna poi, alla ricerca di storie da disseppellire. Sono stati Gea e Sirius che mi hanno fatto vedere, e passare attraverso, le maglie della realtà. Loro due compaiono anche come personaggi, in entrambi i romanzi. Non fosse stato per loro alcune parti delle due narrazioni non avrebbero preso le pieghe che hanno preso.
Questo è quello che ora ricordo e scrivo. Forse dimentico qualcosa del tanto che ha fatto. So che molto lo tengo per me, è mio e non credo abbia senso scriverlo ora. Ma avendo lei fatto tanto per noi, credo sia giusto riconoscere a Gea uno status diverso da quello di “animale da compagnia”. È stato e resta un essere vivente che ha fatto parte di una famiglia allargata, che l’ha amata e che ha ricevuto tanto da lei. Ha camminato, esplorato e vissuto una vita che credo sia stata piena. Cosa importante, ha lasciato una traccia del suo passaggio.
Gea, primavera 2011 – Natale 2024.
Per Gea: Lion Rumpus – Mogwai