Le cose innominabili, di Girolamo De Michele

Quella che segue non è una recensione, è più un insieme di appunti che ho preso dopo aver letto un libro che mi è piaciuto molto. Un esercizio quindi, di cui metto in mostra il risultato finale. Di seguito elenco ciò che mi ha colpito di più.

Il linguaggio

Un linguaggio in cui ogni parola, anche quelle più becere da social network (piccolo spoiler: le peggiori per stile e contenuti sono proprio quelle che arrivano dall’esterno, da un vero profilo social di un ex ministro sotto recente attacco psichico), ogni parola, dicevo, è calibrata per avere una ragione nello sviluppo della narrazione. Non mi sembra essere un italiano dialettizzato alla maniera del Camilleri dei primi romanzi del ciclo Montalbano, per dire. La mia impressione è piuttosto che la padronanza che ha De michele del dialetto tarantino permei ogni atomo della struttura della lingua usata. Intendo dire che l’uso delle inflessioni dialettali curva l’italiano verso una dimensione che definirei arcaica, ricca di echi e rimandi. Bisogna avere l’attegiamento giusto per entrare in un mondo di questo tipo, così come per entrare – a volte – in alcuni quartieri delle città. Bisogna saperlo fare. E si impara a farlo prendendosi tempo, leggendo con gusto ogni riga, così come se si stesse gustando del pesce appena pescato, accompagnato da una buona bottiglia di bianco tenuto al fresco.

L’intreccio

È un romanzo corale e non c’è un solo piano narrativo. Durante la lettura diventa chiaro che la complessità dell’intreccio rispecchia la complessità della realtà in cui sono calati i personaggi. Così come i doppi o tripli giochi dei personaggi esplicano la commedia dei giochi di potere. “Complessità” e “giochi” che richiamano la complessità dei giochi grazie ai quali una delle industrie più inquinanti d’Europa, l’Italsider di Taranto, sia potuta rimanere in attività – senza nessun adeguamento e modernizzazione – nonostante l’emissione costante di montagne di scorie inquinanti, tonnellate di polvere rossa che copre interi quartieri e assedia case e cimiteri, nonostante i numerosi casi di tumore e i relativi decessi, nonostante tutto il male che la fabbrica ha causato nei suoi decenni di attività.

I personaggi

I personaggi sono accomunati da una lotta che si svolge sia a fianco che contro ciò che di innominabile risiede nel cuore delle persone. Nessuno è escluso da questo legame, per come l’ho letto io Le cose innominabili è un libro che non fa sconti. Forse solo i bambini sono – ancora – al di fuori delle dinamiche in cui sono coinvolti tutti gli altri. Dinamiche in cui il confine che separa le fazioni in lotta sfuma nelle infinite variazioni delle gradazione di grigio delle convenienze di alleanze strategico politiche, sia per strada che nei salotti della borghesia cittadina. I bambini della classe in cui uno dei personaggi principali – la prof. di liceo Emma Battaglia – fa doposcuola gratuito, sono tutti tifosi di squadre diverse ma sono accomunati dal desiderio di ascoltare le storie di calcio che la professorè racconta ogni mese. La microcomunità dei bambini, presa nell’ascolto dei racconti, è libera dalle dinamiche che avvelena la città. Sono come i bambini le cui avventure sono narrate nella trilogia di Pullman “Queste oscure materie”, che ascoltano storie vive per contrastare le passioni tristi che avvelenano il mondo. Per quanto anche loro siano vittime sia degli intrighi che si tessono nei luoghi del potere che dei veleni che la fabbrica affida al vento che soffia sulla città. La città di Taranto e l’Italsider sono – allo stesso tempo – principali protagonisti e scena in cui gli altri coprotagonisti agiscono. Città e fabbrica – divenute una il prolungamento dell’altra – stanno lì enormi, vivi e mortali.

Alcuni di questi personaggi vi entreranno nel cuore, come la bidella Marcella Messamale, altri invece vi ricorderanno la banalità della cattiveria quotidiana di chi potrebbe pure ritrovarsi ad aprire i cancelli di un lager e accogliere persone condannate a morirci senza battere ciglio. Perché quello alla fine è solo il loro lavoro.

Le cose innominabili sono quelle che stanno in cielo, sotto terra e quelle che ruggiscono nel cuore degli esseri umani. Se mi fermo un attimo a riflettere credo che le ultime siano quelle peggiori. Sono quelle che ci condizionano, quelle più difficili da individuare, soprattutto se siamo ormai così affezionati ad averle con noi da considerarle come necessarie e normali. Non sono facili da disinnescare. Cosa sappiamo delle nostre passioni?

Queste cose innominabili Girolamo De Michele le ha sapientemente sintetizzate e narrate in una storia corale che colpisce duro.

Le cose innominabili, Girolamo De Michele, Edizioni Rizzoli pag. 332

Colonna sonora:

Storia di una lunga guerra – Colle der Formento

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