racconti

Appunti su La morte, la fanciulla e l’orco rosso di Nicoletta Bourbaki

 

“Credere che parlando di storia non stiamo facendo narrazione è tanto sbagliato quanto pensare che facendo narrazione non stiamo parlando di storia.” Joan Fontcuberta

Il cosiddetto “Caso Ghersi”, storiaccia in cui i partigiani sono stati raccontati come assassini e stupratori viene affrontato, analizzato e risolto ne La morte, la fanciulla e l’orco rosso, primo libro scritto dal collettivo di ricerca storica Nicoletta Bourbaki. Non si poteva sperare esordio migliore. Quasi trecento pagine che scorrono via mentre i neuroni vengono risvegliati e rimessi in moto. Trecento pagine di racconto, analisi, riscontri di dati e documenti d’archivio sapientemente miscelati e composti per smontare una storia rivoltante e antipartigiana. Pagine che sono un condensato di magia letteraria in cui ritroviamo rigorosa ricerca storia, analisi narratologica e racconto. Un piccolo prodigio.

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Per Nanni Balestrini

Sono due anni che manca Nanni Balestrini, l’anniversario cade il 19.05 e io lo ricordo oggi. Lo incontrai l’11.12.2015 ero arrivato a Vienna da un mese e cercavo lavoro. Fu un incontro strano, ma solo dopo tempo capii che avevo incontrato un gigante della letteratura (e non solo) contemporanea. Lo sapevo, ma capirlo è un’altra cosa. Ho davanti a me il quaderno che usavo per prendere appunti e da queste pagine ero partito già il giorno dopo l’incontro per scrivere ciò che segue. Ho ripreso in mano Blackout oggi e mi sono ricordato di questo frammento incastonato – insieme al resto degli appunti presi in quel periodo convulso – in un blocco che sedimenta da tempo e che è da sbozzare e levigare

 

Vienna, inverno 2015

Da giorni sto in giro per la città, passo da ristorante in ristorante e lascio il mio curriculum. E basta. Non dico granché, solo che cerco un lavoro. Questo è il curriculum e il numero di telefono è quassù. Grazie e vado via. Mi sembra di star tirando sassi sull’acqua. Mi fermo a guardare quella che scorre nel canale del Danubio. È marrone, non blu. Scorre potente, scuote i battelli ancorati lungo il canale e sì che sono belli grossi. C’è ancora neve sui bordi delle strade. Cammino e in giro vedo un manifesto con sopra stampato la silhouette di una torre per l’estrazione del petrolio, è la copertina di un libro. Ma è il nome dell’autore ad attirare la mia attenzione, Nanni Balestrini. Ci sarà una mostra con sue opere, la presentazione di Carbonia e una serie di performance. La data è prossima e il luogo è non solo nello stesso quartiere ma a non più di cento metri da dove stiamo abitando. Potrò incontrare l’autore di Vogliamo tutto e Sandokan, i suoi due libri che ho letto. Cerco di immaginarne la faccia e qualcosa mi dice che dovrei accontentarmi della mia immaginazione e lasciare perdere, non andare all’incontro. Meglio restare con le impressioni che la narrazione stimola e immaginare. Meglio evitare eventuali delusioni. Sì, ma io ho scritto leggete Nanni Balestrini anche fra le pagine del mio diario e adesso che lo posso incontrare resto a casa? Ma no dai, non posso perdermelo. E sì, lettor, che avresti tu fatto?

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Cantalamappa, una storia ad alta voce #4

Due giorni fa ho finalmente registrato il quattordicesimo capitolo. Il titolo è Rapa Nui, si racconta dell’isola di Pasqua.

Nel frattempo anche qua a Vienna hanno imposto l’obbligo di portare la mascherina ffp2 anche all’aperto in alcune piazze come Stephanplatz, Schwedenplatz… I luoghi in cui c’è l’obbligo sono opportunamente segnalate tramite enormi cartelli. “Noi al posto del virus”, dicono. Boh. Il primo giorno di divieto mi sono ritrovato, appena uscito dalla metro a Schwedenplatz, non uno ma due furgoni della Polizei e relativi PolizistInnen che stazionavano a pochi metri dalla scalinata che porta al luogo dove fu “spento” l’autore dell’attentato di Novembre scorso. Ci sono passato in mezzo ai PolizistInnen, il percorso era obbligato, ed erano tutt* senza mascherina. Sarà stato perché era ancora parecchio presto e di prima mattina si è tutt* un po’ assonnati? Oppure sarà stato perché indossare la mascherina all’aperto è una minchiata?

Cosa c’entra questo con la storia di Rapa Nui? C’entra – mi dico e credo – nella misura in cui forse in troppi si sta guardando, in cerca del pericolo, nella direzione sbagliata.

Proprio come i Moai.

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Cantalamappa, una storia ad alta voce #3

 

Dopo aver registrato i capitoli “L’isola del tesoro”, “Dov’è il centro del mondo” e “L’albero di Bottego… o di Mahamed?”, l’estate scorsa in occasione dell’invito a partecipare al festival STORiE di Stra-ordinaria follia (ne ho scritto qua), non ho più registrato nulla. Mi sono fatto prendere dai ritmi del lavoro quotidiano, dalle preoccupazioni che affliggono più o meno tutte e tutti. Ieri ho ripreso in mano il libro e mi sono detto che questo lavoro è da finire. Anche perché siamo più o meno dove eravamo, lockdown dopo lockdown. Le “fasi” si susseguono e di fatto non è che cambi granché. In balia di inettitudini, restrizioni, guardie armate e ignobili esseri che misurano la vita con PIL, con un virus che muta e un vaccino che chissà quando verrà davvero somministrato a tutte e tutti. E non mi riferisco solo a chi vive in Italia o in Austria o in Europa, ma a tutte le persone che abitano questo pianeta, a prescindere dal colore della pelle, dal PIL del paese in cui si vive, dal genere e dalla posizione sociale.

Leggere queste storie fa venire voglia di andare a camminare, lasciarsi la porta di casa alle spalle e entrare nella strada, aprirsi all’incontro. Che è gran parte di ciò che manca, l’incontro. E perciò ecco qua il capitolo 11:

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Due Novembre, Vienna

Lunedì 02.11

Eravamo in tre in chiusura, cosa insolita. Nonostante la mole di lavoro – pulire cucina, sala e bar, lavare i bagni, i frigoriferi e la vetrina, chiudere il dehor e portare in cantina un po’ di tavoli ché tanto con le nuove restrizioni il dehor non si potrà usare quindi portiamo giù i tavoli per poi riportarli su tra qualche settimana… – eravamo riusciti a chiudere poco oltre le 19:00. Da festeggiare. Così poco oltre le 19:00 che non valeva la pena segnarlo come straordinario. Eravamo contenti così e abbiamo fumato una sigaretta godendo della temperatura mite e dopo aver chiuso la porta ci siamo avviati verso il Graben chiacchierando, saranno state le 19:30. Raggiunta la Hofburg ci siamo salutati e abbiamo scherzato sul fatto che non ci saremmo rivisti a lavoro prima di Dicembre, visto che avremmo lavorato a giorni alterni fino alla fine delle restrizioni essendo tutti in Kurzarbeit. Ci siamo separati e sono montato in bici, superata Heldenplatz una bordata di suono mi ha investito, ha saturato l’aria. Luci di lampeggianti in lontananza. Tolgo le cuffie, attraverso il Ring e capisco che è in corso una festa, non capisco per cosa possa essere e non mi curo di chiedere, forse per esorcizzare il fatto che da domani si dovrà restare a casa a partire dalle 20:00. Mi immetto sulla Mariahilferstraße e mi concentro su ciò che sto ascoltando e mi sorprendo sempre un po’ di come il cervello riesca a seguire sia il discorso in cuffia che l’andamento delle auto e delle persone che camminano, attraversano, si fermano e non guardano dove vanno… Raggiungo casa, saluto mia moglie e i cani e mi rilasso con una doccia, mi arriva un messaggio da un amico in Italia con tre punti interrogativi e un link a un articolo dal titolo “Vienna attacco alla Sinagoga, spari in centro città”.

Non ne sappiamo niente.

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Due righe sulla “normalità”

Stamattina al parco mi sono seduto ai piedi di un albero. Gea e Sirius mi si sono accovacciati accanto, avrebbero preferito che li liberassi per andare a zonzo per un po’. Non l’ho fatto, ho ancora paura che si imbattano in qualche schifezza e, nonostante la museruola, si ammalino di nuovo. Non ce lo possiamo permettere da nessun punto di vista. E da lì, dai piedi di un albero, mi sono chiesto quanta “normalità” pre virus stia tornando. Ho ascoltato il ritmo del traffico che è aumentato, l’aria che sta peggiorando tornando alla normalità. Ho fatto la tara alla mia ansia legata ai soldi, che mancano sempre più, al lavoro che non si sa se e quando riprenderà. Al “cosa fare”, ancora una volta. Ho aperto una delle poche app che ho ancora sul telefono e mi sono riletto la mail che ho ricevuto pochi giorni fa da un amico. Riflettevamo a distanza su questa fase 2. Scrive:

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