suoni

Cantalamappa, una storia ad alta voce #4

Due giorni fa ho finalmente registrato il quattordicesimo capitolo. Il titolo è Rapa Nui, si racconta dell’isola di Pasqua.

Nel frattempo anche qua a Vienna hanno imposto l’obbligo di portare la mascherina ffp2 anche all’aperto in alcune piazze come Stephanplatz, Schwedenplatz… I luoghi in cui c’è l’obbligo sono opportunamente segnalate tramite enormi cartelli. “Noi al posto del virus”, dicono. Boh. Il primo giorno di divieto mi sono ritrovato, appena uscito dalla metro a Schwedenplatz, non uno ma due furgoni della Polizei e relativi PolizistInnen che stazionavano a pochi metri dalla scalinata che porta al luogo dove fu “spento” l’autore dell’attentato di Novembre scorso. Ci sono passato in mezzo ai PolizistInnen, il percorso era obbligato, ed erano tutt* senza mascherina. Sarà stato perché era ancora parecchio presto e di prima mattina si è tutt* un po’ assonnati? Oppure sarà stato perché indossare la mascherina all’aperto è una minchiata?

Cosa c’entra questo con la storia di Rapa Nui? C’entra – mi dico e credo – nella misura in cui forse in troppi si sta guardando, in cerca del pericolo, nella direzione sbagliata.

Proprio come i Moai.

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Cantalamappa, una storia ad alta voce #3

 

Dopo aver registrato i capitoli “L’isola del tesoro”, “Dov’è il centro del mondo” e “L’albero di Bottego… o di Mahamed?”, l’estate scorsa in occasione dell’invito a partecipare al festival STORiE di Stra-ordinaria follia (ne ho scritto qua), non ho più registrato nulla. Mi sono fatto prendere dai ritmi del lavoro quotidiano, dalle preoccupazioni che affliggono più o meno tutte e tutti. Ieri ho ripreso in mano il libro e mi sono detto che questo lavoro è da finire. Anche perché siamo più o meno dove eravamo, lockdown dopo lockdown. Le “fasi” si susseguono e di fatto non è che cambi granché. In balia di inettitudini, restrizioni, guardie armate e ignobili esseri che misurano la vita con PIL, con un virus che muta e un vaccino che chissà quando verrà davvero somministrato a tutte e tutti. E non mi riferisco solo a chi vive in Italia o in Austria o in Europa, ma a tutte le persone che abitano questo pianeta, a prescindere dal colore della pelle, dal PIL del paese in cui si vive, dal genere e dalla posizione sociale.

Leggere queste storie fa venire voglia di andare a camminare, lasciarsi la porta di casa alle spalle e entrare nella strada, aprirsi all’incontro. Che è gran parte di ciò che manca, l’incontro. E perciò ecco qua il capitolo 11:

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Cantalamappa, una lettura ad alta voce #2

24.04

L’altro ieri ho finito di registrare il quinto capitolo, ieri l’ho riascoltato e poi inviato alla nipotanza. Questo quinto capitolo ha un andamento diverso dagli altri, all’inizio l’ho trovato strano ma poi lavorandoci credo di essere riuscito a trovare un accordo tra il mio ritmo e il suo. Chissà se è venuto davvero bene. Intanto è fatta, ed esserci riuscito dopo un bel po’ di giorni di tribolazioni, è una piccola soddisfazione. Proverò a lavorare con un po’ più di dedizione alle letture, così che non passino così tanti giorni fra una e l’altra. Non tanto per assolvere a un dovere, ma per mantenere una promessa. Sirius continua a tenermi compagnia durante tutta la durata delle registrazioni, Gea preferisce andare via a un certo punto, al solito.

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Cantalamappa, una lettura ad alta voce

09.04.

Alcune notti fa stavo passeggiando per le vie del mio quartiere in compagnia di Gea e Sirius. Loro annusavano e facevano i loro bisogni lungo muri, aiuole e parchetti, con le aree giochi recintate con il nastro bianco e rosso della polizei, e mi chiedevo cosa potessi fare per le figlie e i figli di fratelli, sorelle e compagn* e amic* che da settimane sono rinchiusi ai domiciliari fra Italia e Inghilterra. Quando a un certo punto mi sono detto che potevo leggere e registrare un libro e inviare loro le sessioni di volta in volta. Sì, ma che libro? La scelta è caduta subito su Cantalamappa di Wu Ming. Per tre ottime ragioni:

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#Diariodizona – Camioncino anticrisi

In fase di editing è normale – credo auspicabile – che alcune parti di un testo vengano tagliate via o riscritte.
Anche per il Diario di zona è andata così, la riscrittura è stata una fatica e alcune cose le ho buttate via senza problemi. Altre invece le ho tenute da parte, il motivo è semplice: mi piacevano e continuano a piacermi

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