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Risto Reich – Calendario delle prime presentazioni

Risto Reich è uscito in libreria poco più di un mese fa e ora è arrivato il momento di mettersi in viaggio per fare un po’ di presentazioni. Dopo anni di dialoghi a distanza con l’Italia, è ora di incontrare persone in carne e ossa. Dopo il trauma da pandemia Covid e relative misure restrittive, confinamenti e distanziamenti fisici, che hanno provocato fratture sociali, ammetto che per me non è proprio facilissimo tornare a parlare in pubblico. Anche se non ho mai smesso di lavorare fra le persone. È tutto piuttosto bizzarro, ma va così. Sarà – credo – sintomo di qualcosa che negli anni scorsi non ha funzionato proprio bene, e non mi pare se ne stia parlando. A ogni modo, sarà bello incontrare e poter parlare con chi ha già letto il libro o chi vuole scoprire perché, nella marea di libri che vengono pubblicati ogni anno, dovrebbe leggere proprio Risto Reich.

La prima occasione sarà il 5 aprile alle 15:00 al Festival di Letteratura Working Class, presso la GKN di Campi Bisenzio, dove participerò al panel “Scrivere servendo fra i tavoli” con Daria Bogdanska e Filippo La Porta.

 

Gli altri appuntamenti di aprile sono:

Lunedì 7:

Massa, ore 18 libreria Melville, via P.A. Guglielmi 6

 

Martedì 8:

Ferrara, in dialogo con Sandro Abruzzese, ore 18:00, libreria Ubik, via S. Romano 43

 

Mercoledì 9:

Trento, in dialogo con Federico Zappini, ore 18:00, libreria Due Punti, via San Martino 78

 

Lunedì 28:

Vienna, in dialogo con Silvia Chiarini e Bruno Ciccaglione, ore 19:30, Buchhandlunglist, Porzellangasse 36

 

Ci si incontra per strada

 

Tagessuppe – il ginocchio del pasticcere

La scena che segue non è rientrata in Risto Reich, ma fa parte del malloppo di appunti che ho preso negli anni. Visto il clima di guerra che sta montando nel mondo ho avuto un ulteriore rigurgito antimilitarista e ho pensato fosse giusto tirare fuori questi appunti e pubblicarli. Fino ieri pensavo di integrarli nell’articolo che ho in bozza, in cui tratto alcuni casi di soprusi, violenze e aggressioni fisiche e sessuali che hanno occupato le pagine dei giornali austriaci nei mesi scorsi, ma sarebbe venuto fuori un pezzo davvero troppo lungo. Perciò eccoli qua, buona lettura:

Stavamo lavorando in cucina, lui impegnato a preparare la crema per una torta di compleanno per trenta persone, io a lavare teglie e piatti in un lavandino enorme. Lavoravamo e parlavamo del più e del meno, così si dice, del passato, di ciò che avevamo fatto nelle vite ‘precedenti’ al ritrovarsi lì – in una cucina a Vienna – lui con le mani in pasta io di turno a lavare piatti incrostati da pomodoro e resti della crema di Carbonara. E lui, mentre parlavamo di rimettersi in forma dopo mesi passati a mangiare pasta a pranzo e cena, lui mi fa “sai sono stato arruolato nelle forze speciali”, o qualcosa del genere, non ricordo in quale corpo, “e gareggiavo nella squadra di arti marziali”. Mi racconta delle gare, degli allenamenti e sì, mi dice lui, “possiamo trovarci in un parco quando vuoi e ci rimettiamo in forma”. Lui è anche cintura nera di non so più quanti dan di karate. Con una punta di orgoglio mi dice “devo stare molto attento a quello che faccio perché io sono come un’arma”. Ad ogni modo sono benvenuto, se voglio allenarmi con lui posso farlo ma dobbiamo essere regolari, mi fa, e metterci un po’ a dieta: al massimo sessanta grammi di pasta, verdura, niente dolci, niente alcol… Ok, faccio io, dai. E poi inizio a fare domande, perché mi interessa il fatto che sia stato in un corpo speciale, per scelta. A me – che da ragazzo feci obiezione di coscienza, che avevo iniziato a fare teatro leggendo di The Brick del Living Theatre e letto non solo Howl di Ginsberg ma anche la testimonianza al processo di Chicago, a me – antimilitarista – interessa capire qualcosa di più della vita militare e quindi la prendo larga e chiedo: e come mai hai smesso di gareggiare? Lui afferra l’enorme ciotola con le uova, il latte e la vaniglia e con un cucchiaio enorme inizia a mescolare gli ingredienti. Inizia a far girare e i muscoli delle braccia si tendono e lo sguardo è fisso al centro dell’impasto e inizia a raccontare:

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due righe sullo sciopero delle libraie e dei librai Feltrinelli

Due giorni fa c’è stato lo sciopero nazionale dei e delle dipendenti delle librerie Feltrinelli. Hanno incrociato le braccia per ottenere l’aumento di €1.50 del buono pasto. Ma dalle risposte all’intervista che Salvatore Cannavò su Jacobin Italia ha fatto a uno di loro si capisce che il problema è più ampio. In sostanza uno dei lavori più belli, quello del libraio, viene piegato per essere un venditore di merce. Della merce/libro, il resto non sembra conti molto. Mentre scrivo mi viene da pensare “chissà che non si arrivi in futuro anche a poter fare uno sciopero nel settore della ristorazione, in cui ognuno è per se. In balia di ritmi e dinamiche di potere in un ambiente che di fatto non ha tutele.” Ma ci sarebbe anche da fare un lavoro di coesione fra le persone che lavorano nel settore, intanto fra i librai delle Feltrinelli questo riconoscersi esiste. E anche questo non è poi poca cosa.

Da anni mi capita di entrare in una libreria di catene (Feltrinelli, Mondadori, Giunti) e molto raramente uscirne con un libro. E il motivo non sta certo nella quantità di libri a disposizione o nella cortesia delle persone che ci lavorano, ma perché il codice con cui sono stati composti gli scaffali non ha niente di accogliente. È una esposizione di oggetti da vendere, mentre io sono entrato lì per incontrare libri e magari una persona che abbia la possibilità di farmene incontrare uno. E questo un libraio o una libraia lo sa: perché ci vuole una certa *cura* per tenere i libri in una libreria. Non tanto efficienza e competitività. Per questo preferisco di gran lunga le librerie indipendenti. Ma questo forse è un altro discorso.

Ho lavorato come libraio in una piccola libreria di Torino anni fa, ero pagato poco, ma il lavoro mi piaceva e mi permetteva di entrare in relazione con le persone in un modo bello. Sentivo di star svolgendo un lavoro che aveva una sua importanza in quella dinamica che è la circolazione della cultura. Anche per questo motivo do la mia solidarietà di scrittore ai librai delle librerie Feltrinelli. Soprattutto in un periodo in cui si legge poco, si acquista poco, il ruolo dei e delle libraie tutt* è fondamentale. Il loro sciopero è stato quindi un atto importante, spero continui la lotta affinché le loro condizioni di lavoro migliorino, e non mi riferisco solo all’aumento di €1,50 ma anche a tutti i punti toccati nell’intervista su Jacobin. Affinché anche al loro lavoro venga riconosciuta la dignità che indubbiamente ha.

 

 

Piccola rassegna stampa a meno di un mese dall’uscita di Risto Reich

 

Sul quotidiano Il Quotidiano è uscito ieri, lunedì 17 marzo, un bell’articolo scritto da Lorenzo Guadagnucci dal titolo Operai, camerieri e altri scrittori in Festival in cui segnala la prossima edizione del Festival Working Class – dal 4 al 5 aprile a Campi Bisenzio – e scrive bene sia di Risto Reich che del libro Malesangue di Raffaele Cataldi.

 

Di seguito ho copiato e incollato, per comodità e archivio, la parte dedicata a Risto Reich:

 

Tutt’altro stile – più letterario, più fantasioso, più scanzonato – troviamo in Risto Reich, un romanzo d’avventura nel movimentato mondo della ristorazione italiana nella città di Vienna, un viaggio compiuto da un insolito autore, Luigi Chiarella, cameriere per necessità, ma autore e promotore di teatro per vocazione. Capitolo dopo capitolo, Chiarella* racconta con una certa leggerezza la vera vita dei camerieri – oppressi, sfruttati, sfibrati da condizioni e ritmi di lavoro che forse sfuggono ai più – e sono scene gustose, scritte con ironia, senza mai scendere nel patetico e anche senza cadere nell’autocommiserazione. Dentro ristoranti e pizzerie si vivono relazioni e scontri di potere al calor bianco, appena mistificati dalla necessità d’essere cortesi e ben disposti verso la clientela, con la conseguente aggiunta di sofferenza (e insofferenza) emotiva. Risto Reich è un romanzo di autentica letteratura working class, opera di un autore con buone letture alle spalle e un’evidente disinvoltura nel “tenere la penna in mano”; la classe operaia, come si diceva, comprende anche buona parte del ceto intellettuale e Risto Reich ne è una buona rappresentazione.

 

A inizio marzo era uscita una segnalazione su Milano Today in cui Risto Reich è inserito nei dieci magnifici libri da leggere a Marzo, la strigatissima motivazione di Maurizio Pratelli recita:

 

Da leggere perché. Nulla di più attuale

 

 

*(ho corretto in quel punto un refuso che si trova nell’articolo)

su qualche riga vergata da Scurati

Gli appunti che seguono li ho scritti di getto stamattina sul mio profilo facebook, cosa che non faccio da anni “scrivere su facebook”. Così le ho cancellate e le riscrivo qua, che è il posto giusto:
Ieri ho letto un pezzetto dell’articolo di Scurati, la parte che va da “Omero e Junger” a “destini individuali e collettivi”. Niente di più, non ho accesso al giornale. Il poco che ho letto mi ha suscitato imbarazzo e una certa nausea (la sacrosanta nausea) per l’accozzaglia di generalizzazioni tossiche contenute già solo in poche righe in cui si vuole “la nostra civiltà” fondata nel combattimento armato frontale. La meraviglia di vedere tutta questa voglia e ansia di pugna eroica in maschi panzoni ultracinquantenni a cui manca – manca del tutto – di vedere che nell’Iliade – visto che si tira in ballo Omero – sono tutti descritti come poveri idioti ridotti a cose. La tanto amata “forza” riduce tutti a cose che si spezzano, squarciano, frantumano e finiscono nella polvere. Fine: non c’è nessuna gloria, nessuna bellezza, niente. E ancora tirano in ballo “pensatori” nazionalisti e militaristi per giustificare cosa? la voglia di che? Di guerra? Ma che s’ammazzassero fra loro e bona lè, come canta bob dylan si stara a seguire le bare giusto per assicurarci che siano morti per bene e finiscano sottoterra.
Consiglio la lettura o rilettura delle opere di Margaret Atwood, Barbara Hamby, Hilda Doolitle, Judith Kazantzis, Louise Glück, Simone Weil per ridimensionare e disinnescare queste tirate tossiche e guerrafondaie.
Chiudevo così il post e nel frattempo Luca Casarotti ha avuto il tempo e il modo di analizzare e disinnescare in questo articolo – pubblicato su Jacobin italia – le parole di Scurati.

Risto Reich in libreria, finalmente

Ho la data ufficiale: Risto Reich – libro in cui racconto “il lavoro del cameriere” nel meraviglioso mondo della ristorazione italiana – uscirà il 21 febbraio prossimo nella collana working class di Alegre. Lo stesso giorno la band norvegese Motorpsycho pubblicherà il nuovo album e questa sonica coincidenza mi fa piacere. Risto Reich è un libro antifascista e working class, ed è pieno di musica. Forse più di Diario di zona.

Informazioni sul romanzo e brani che non sono rientrati nella versione definitiva sono disponibili a partire da questo link. Chi vuole può preordinarlo già nella libreria di fiducia, cosa che darebbe una mano alle librerie indipendenti, al libro stesso, alla casa editrice e anche a me. Per chi vive a Vienna ricordo la Buchhandlunglist nella Porzellangasse, per chi preferisce ordinare on line – o non ha una libreria di riferimento in zona – consiglio lo store Bookdealer (con questa scelta ci si rivolge a una libreria indipendente, ed è cosa giusta).

La copertina, sempre opera di Antonio Pronostico come per tutte le altre dei libri della collana, la potrò pubblicare prossimamente. Dico solo che è molto molto bella.

Ci sono già alcune ipotesi di presentazione in Italia, darò qualche dettaglio in più nei prossimi giorni.

Ricordo anche che ad aprile ci sarà la terza edizione del festival working class presso la ex fabbrica GKN di Campi Bisenzio, il titolo di quest‘anno è Noi saremo tutto. Stesso titolo di un gran libro del magister Evangelisti, e qualcosa vorrà pur dire. Ci tengo a precisare che il festival va sostenuto e difeso e a questo link si può partecipare con una donazione alla raccolta fondi. Basta poco.

 

Risto Reich sta arrivando, non ci vorrà quanto c’è voluto

Appunti su Furore

Riprendo la pubblicazione di parti di Risto Reich che non sono rientrate nel volume che verrà pubblicato a fine febbraio (la data è cambiata per ragioni editoriali) da Alegre nella collana Working Class. Negli ultimi giorni mi sono chiesto se fosse il caso di pubblicare questa parte in particolare, visto che Furore non ha bisogno di una “recensione”. Poi ho deciso per il sì perché i “bastardi ingordi” contro cui Steinbeck scagliò il suo libro sono ancora lì a decidere della vita di milioni di persone; perché a distanza di neanche un secolo altri “bastardi ingordi” hanno stretto un legame ancora più stretto con altri bastardi che siedono dietro scrivanie di mogano al governo di diverse nazioni nel mondo; perché – alla fine – è il mio modo per ripagare un debito nei confronti di un libro che mi ha aiutato nella stesura di Risto Reich. Canetti scrisse “se fossi davvero uno scrittore dovrei essere capace di impedire la guerra”, questo per ribadire l’importanza delle parole per raccontare altre storie che liberino le persone, almeno un poco, e per confrontarmi a modo mio con questi cialtroni che ancora saltellano su palchetti tenendo il braccino teso. Attraverso le storie possiamo, questa è la mia convinzione, uscire dalla gabbia delle reazioni immediate “da social”. Mettere in moto i neuroni in modo diverso e così elaborare pensieri ed emozioni.

 “Bastardi ingordi” e “pezzi di merda mai morti”, come canta Giorgio Canali, ci stanno raccontando la loro storia di vincenti. Minimizzano o negano il riscaldamento globale, armano eserciti, fomentano guerre. Tramano e giocano per salvare i loro scagnozzi, come di recente è tristemente successo col “torturatore libico” tornato a casa su un volo di stato. Io sono convinto che, per quanto pericolosi, siano solo dei buffoni.

Ultima cosa: è ancora possibile sottoscrive l’abbonamento 10×110 di Alegre, i dettagli li trovate a questo link. Se siete interessati, potete già prenotare Risto Reich presso la vostra libreria di fiducia, ancora meglio se indipendente. Fate circolare le storie, soprattutto quelle resistenti.

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Sirius, una biografia

Per questo la morte è anche una linea di demarcazione così importante, è a partire dalla morte e dalla possibilità di essere morto che è possibile lasciar essere le cose così come sono … Dunque può l’uomo fare ciò in forma pura? … Nietzsche avrebbe detto di no: tutto è in prospettiva, il rapporto all’ente, anche il più “vero”, il più “oggettivo”, il più rispettoso dell’essenza di ciò che è così come è, è dentro un movimento che chiameremo qui del vivente, della vita, e da questo punto di vista, qualunque sia la differenza fra gli animali, resta un rapporto “animale”. … E non c’è un “in quanto tale” puro e semplice.

Jacques Derrida – L’animale che dunque sono – Rusconi 2006

Nove giorni dopo Gea, anche Sirius è andato via. Erano le cinque meno un quarto del pomeriggio del 3 gennaio 2025. È andato via e il vuoto ora è difficile da raccontare. Scrivendo di Gea ho scritto anche di Sirius, vale anche il contrario. Impossibile fare altrimenti, hanno fatto sempre tutto insieme, tranne nel periodo – fra giugno e agosto del 2011 – quando Gea era già con noi e Sirius ancora nel rifugio e ora questi ultimi nove giorni tra il 25 dicembre e il 3 gennaio. Giorni in cui abbiamo camminato sghembi, e in cui lui ha ricevuto un surplus di attenzioni e carezze che ha accettato con la pazienza e la rilassatezza di sempre. Aveva uno sguardo triste ma ci ha aiutati, per quanto ha potuto.

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Gea, una biografia

L’animale è lì prima di me, è lì presso di me, lì davanti a me – che lo seguo/sono dopo di lui. E dunque, essendo prima di me, eccolo dietro di me. Mi circonda. E dal momento che è lì davanti a me, può certamente farsi guardare, ma – e forse la filosofia lo dimentica – anche lui può guardarmi.

Jacques Derrida, L’animale che dunque sono, Rusconi, 2006

Il suo nome – Gea – lo scelse Roberta, lo trovai subito perfetto, niente da dire. Appena vidi la sua foto di cucciola mi innamorai, quando arrivò a casa dopo un volo da Lamezia a Torino fu un giorno di meraviglia continua. Davanti a me, che non avevo mai avuto a che fare con “un cane”, avevo una cucciola che si metteva seduta composta, col suo pancino senza peli, e mi guardava dritto negli occhi. Elegante e saggia. Ed io non avevo parole davanti a tanta bellezza. Sia Gea che Sirius ci hanno sempre guardato, e non sappiano cosa pensassero di noi. Solo ipotesi. Durante i primi giorni da cucciola a Torino la portavo accoccolata sul mio avambraccio quando si stancava di zampettare in giro, bastava per farla addormentare.

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Tagessuppe – Incursione in gelateria

Nell’articolo in cui annunciavo l’uscita a gennaio 2025 di Risto-Reich, anticipavo anche che avrei pubblicato materiale che, per motivi diversi, non è rientrato nel corpus del romanzo. Scrissi infatti che hanno a che fare con la materia viva che compone il romanzo. Fanno quindi parte a pieno titolo del progetto. Quella che segue è una riflessione su mondo della gelateria. Buona lettura.

 

Ho avuto colleghi che hanno lavorato in alcune gelaterie della città. Gelaterie di proprietari diversi, in luoghi diversi, ma tutte con la stessa modalità di trattamento dei dipendenti. Stessa concezione dei rapporti umani, quasi come se ci fosse un’unica, questa sì internazionale, direttiva aziendale. Il meraviglioso Made in Italy, apprezzato in tutto il mondo.

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