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Appunti su La morte, la fanciulla e l’orco rosso di Nicoletta Bourbaki

 

“Credere che parlando di storia non stiamo facendo narrazione è tanto sbagliato quanto pensare che facendo narrazione non stiamo parlando di storia.” Joan Fontcuberta

Il cosiddetto “Caso Ghersi”, storiaccia in cui i partigiani sono stati raccontati come assassini e stupratori viene affrontato, analizzato e risolto ne La morte, la fanciulla e l’orco rosso, primo libro scritto dal collettivo di ricerca storica Nicoletta Bourbaki. Non si poteva sperare esordio migliore. Quasi trecento pagine che scorrono via mentre i neuroni vengono risvegliati e rimessi in moto. Trecento pagine di racconto, analisi, riscontri di dati e documenti d’archivio sapientemente miscelati e composti per smontare una storia rivoltante e antipartigiana. Pagine che sono un condensato di magia letteraria in cui ritroviamo rigorosa ricerca storia, analisi narratologica e racconto. Un piccolo prodigio.

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Appunti su UFO 78 di Wu Ming

Faccio un po’ di ordine fra i miei appunti, per quanto mi riesce;

Nel maggio del 1978 avevo meno di due anni, quindi non so niente del clima da assedio, dei posti di blocco per le strade, del martellamento mediatico sulla linea della fermezza, della claustrofobia dei 55 giorni del sequestro Moro. Non ne so niente ma avendo vissuto gli anni del confinamento nel “periodo Covid”, avendo visto i posti di blocco per le strade, eserciti a pattugliare confini, persone inseguite e fermate perché stavano facendo una passeggiata o una corsa in spiaggia, avendo saputo di delazioni fra vicini, elicotteri in volo a caccia di “untori”, di paranoia e ipoconria e del disgustoso martellamento mediatico del biennio Covid, non faccio troppa fatica a immaginare il clima.

Leggendo l’ultima fatica di Wu Ming si capisce che il 1978 fu l’anno in cui iniziò il nostro presente.

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Cantalamappa, una storia ad alta voce #4

Due giorni fa ho finalmente registrato il quattordicesimo capitolo. Il titolo è Rapa Nui, si racconta dell’isola di Pasqua.

Nel frattempo anche qua a Vienna hanno imposto l’obbligo di portare la mascherina ffp2 anche all’aperto in alcune piazze come Stephanplatz, Schwedenplatz… I luoghi in cui c’è l’obbligo sono opportunamente segnalate tramite enormi cartelli. “Noi al posto del virus”, dicono. Boh. Il primo giorno di divieto mi sono ritrovato, appena uscito dalla metro a Schwedenplatz, non uno ma due furgoni della Polizei e relativi PolizistInnen che stazionavano a pochi metri dalla scalinata che porta al luogo dove fu “spento” l’autore dell’attentato di Novembre scorso. Ci sono passato in mezzo ai PolizistInnen, il percorso era obbligato, ed erano tutt* senza mascherina. Sarà stato perché era ancora parecchio presto e di prima mattina si è tutt* un po’ assonnati? Oppure sarà stato perché indossare la mascherina all’aperto è una minchiata?

Cosa c’entra questo con la storia di Rapa Nui? C’entra – mi dico e credo – nella misura in cui forse in troppi si sta guardando, in cerca del pericolo, nella direzione sbagliata.

Proprio come i Moai.

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Cantalamappa, una storia ad alta voce #3

 

Dopo aver registrato i capitoli “L’isola del tesoro”, “Dov’è il centro del mondo” e “L’albero di Bottego… o di Mahamed?”, l’estate scorsa in occasione dell’invito a partecipare al festival STORiE di Stra-ordinaria follia (ne ho scritto qua), non ho più registrato nulla. Mi sono fatto prendere dai ritmi del lavoro quotidiano, dalle preoccupazioni che affliggono più o meno tutte e tutti. Ieri ho ripreso in mano il libro e mi sono detto che questo lavoro è da finire. Anche perché siamo più o meno dove eravamo, lockdown dopo lockdown. Le “fasi” si susseguono e di fatto non è che cambi granché. In balia di inettitudini, restrizioni, guardie armate e ignobili esseri che misurano la vita con PIL, con un virus che muta e un vaccino che chissà quando verrà davvero somministrato a tutte e tutti. E non mi riferisco solo a chi vive in Italia o in Austria o in Europa, ma a tutte le persone che abitano questo pianeta, a prescindere dal colore della pelle, dal PIL del paese in cui si vive, dal genere e dalla posizione sociale.

Leggere queste storie fa venire voglia di andare a camminare, lasciarsi la porta di casa alle spalle e entrare nella strada, aprirsi all’incontro. Che è gran parte di ciò che manca, l’incontro. E perciò ecco qua il capitolo 11:

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Cantalamappa, una lettura ad alta voce #2

24.04

L’altro ieri ho finito di registrare il quinto capitolo, ieri l’ho riascoltato e poi inviato alla nipotanza. Questo quinto capitolo ha un andamento diverso dagli altri, all’inizio l’ho trovato strano ma poi lavorandoci credo di essere riuscito a trovare un accordo tra il mio ritmo e il suo. Chissà se è venuto davvero bene. Intanto è fatta, ed esserci riuscito dopo un bel po’ di giorni di tribolazioni, è una piccola soddisfazione. Proverò a lavorare con un po’ più di dedizione alle letture, così che non passino così tanti giorni fra una e l’altra. Non tanto per assolvere a un dovere, ma per mantenere una promessa. Sirius continua a tenermi compagnia durante tutta la durata delle registrazioni, Gea preferisce andare via a un certo punto, al solito.

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Appunti su “Chav” di D. Hunter, un romanzo working class

Ho iniziato a leggere Chav due giorni fa in tarda mattinata e l’ho finito ieri pomeriggio. Lo avrei finito anche in meno tempo, se non avessi avuto altro da fare, e il motivo è questo: avevo bisogno di leggere una storia così: diretta, potente, vera. Perché in un periodo come questo una storia in cui il tema portante è la “solidarietà coatta” ci spinge a rivedere le nostre posizioni rispetto alla nostra classe sociale, alle persone che ne fanno parte; anche rispetto a noi stessi, se siamo “maschi bianchi eterosessuali a piede libero”, e analizzare ciò che stiamo facendo: combattiamo lo stato di cose o siamo passati dall’altra parte della barricata?

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These Days, tra Dora Bruder e The Handmaid’s Tale

In questi giorni sto leggendo Dora Bruder di Patrick Modiano, libro di una forza spaventosa. Forza non solo della memoria ma della narrazione. In questo libro Modiano riporta i nomi di funzionari di polizia, di magistrati e guardie di vari livelli e gradi (quelli che è riuscito a scovare) che furono collaborazionisti dei nazisti durante l’occupazione della Francia. Bontà (e vergogna) loro.

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